venerdì 30 agosto 2013

L' Imu-rtacci vostra. Le promesse del Pd...




Enrico Letta ha abolito l’Imu, come promesso in campagna elettorale.
Da Berlusconi.
A me viene una gran tristezza, l'acidità di stomaco e il pensiero che l’Italia è proprio un paese di merda. Ma come, troviamo finalmente un politico che mantiene una promessa e non è manco la sua?
A questo punto però il fatto non è da considerarsi casuale, ma il frutto di una scelta politica matura e consapevole, che disegna un quadro programmatico chiaro per il prossimo futuro.
In soldoni, cari amici del Pd, la conseguenza di questa scelta è che NOI ora pretendiamo da VOI che manteniate tutte le promesse fatte da LUI.
Chiamatela logica cartesiana, consecutio temporum, limortacci vostrum, chiamatela come vi pare ma ora vi tocca rispettare il programma di governo che si è disegnato in vent’anni di campagne elettorali, comizi, appelli televisivi, minchiate dette in giro.
Non c’è da spaventarsi, sono solo poche cose. Tra l’altro alcune sono anche belle e potrete mandare in giro Franceschini a dire che sono cose di sinistra.
Ecco quindi il programma di governo che il Pd si ritroverà davanti nei prossimi mesi.
1: Creazione di un milione e mezzo di posti di lavoro (con la rivalutazione Istat facciamo due). Nota: non vale fare le primarie per incassare soldi con cui dare due euro ai volontari della festa dell’Unità e venirci a raccontare che quelli sono posti di lavoro.
2: Ricostruzione dell’Aquila. Se per caso quello là ha tirato su qualcosa di brutto lo tirate giù e lo rifate. Possibilmente bene, non come la nuova stazione dell’Alta Velocità di Bologna.
3: Azzeramento delle tasse per i poveri, abbassamento delle tasse per tutti, condono tombale per qualcuno, che non ho ben capito cosa vuol dire ma tutte le volte che lo sento nominare per sicurezza mi tocco le palle.
4: Ponte sullo Stretto. Disgraziatamente non mi ricordo più a quale Stretto si riferisse, quindi per sicurezza ce ne fate uno per ogni Stretto che trovate su una carta geografica: Gibilterra, Boering, Messina, Dardanelli, ecc.
Nota: non vale far cercare sulla cartina a Boccia e poi venire a dire che non ne ha trovati quindi gli Stretti non esistono più.
5: Completamento della Salerno-Reggio Calabria. Mediante una strada, non mediante dei cantieri.
6: Eliminazione del bollo auto. Possibilmente con effetto retroattivo che sto indietro di due anni coi pagamenti.
7: Creazione di campi da golf a Lampedusa, che tra l’altro se gli dai la possibilità di tirar delle mazzate sono anche contenti, e successiva assegnazione del Nobel per la Pace a Lampedusa stessa, nonostante le mazzate date in giro.
Presumo a voi.
8: Sconfitta del cancro.
Nota: Aver fatto sparire Veltroni, che è nato il 3 luglio, non vale. Bisogna proprio eliminare la malattia, non importa se col metodo classico, col metodo stamina o col metodo staminchia.
9: Restituzione dell’Imu 2012. Di tasca vostra, non è che ci mettete una tassa a noi per ridarci dei soldi a noi. Che non siamo mica fessi, nonostante il nostro voto alle ultime elezioni farebbe pensare il contrario.
Bene, mi pare un programma equilibrato, che renderà anche l’Italia un paese migliore.
Tra l’altro non abbiate paura, che se per caso non riuscite a realizzare tutte queste cose ci sarà sempre un tizio lì di fianco, uno con pochi capelli e tanti processi, sempre pronto a spronarvi e a dirvi che siete solo dei parolai, dei babbei, dei quaqquaraquà.
Insomma, della gente capace solo di fare promesse senza poi mantenerle.
Però siate comunque ottimisti.
Perché alla fine di tutto, se per caso riuscirete a fare anche solo la metà di tutto questo, alle elezioni ci sarà una valanga di voti.
Per lui.
D’altronde è pure giusto.
Le promesse son le sue.
Ma non è solo questo il motivo per cui, per l’ennesima volta, quello là vi piscerà in testa. E’ proprio che…cavolo, LUI è davvero un drago: una volta vinceva le elezioni e non manteneva le promesse, ora non vince le elezioni e le mantiene.
E passa alla cassa a riscuotere.
E’ davvero fenomenale.
E’ davvero un diavolo.
E voi, cari amici del Pd lassù al governo, siete davvero degli stronzi.

martedì 27 agosto 2013

Un mercoledì da beoni



Rimini, agosto 1967. Il sole scintilla sulle giovani vite di tre vitelloni romagnoli, dalla pelle color del rame, la chioma fluente e il ventre piatto come una piadina. Jack, John e Mario sono i re della riviera: appena il vento si alza e il mare si increspa i loro pedalò sfrecciano veloci davanti alla spiaggia che freme per i propri eroi. Gli italiani li adorano, le tedesche li divorano, gli albanesi li menano. I tre infatti si addormentano spesso sul pattìno e finiscono a Durazzo, dove il tipo umano romagnolo ancora non convince del tutto, così spesso il meeting finisce a schiaffoni.
Un giorno quelle vite felici e spensierate subiscono un duro trauma: vengono mandati in Vietnam! Il che è una bella sfiga considerando che non si ha mai avuta alcuna notizia di italiani in Vietnam, ma purtroppo la sorte decise di entrare in scivolata sui tre ragazzi e cambiare per sempre il loro destino. Un futuro terribile li attende nei meandri più cupi della jungla asiatica…
Rimini, settembre 2014. Quarant’anni dopo, i nostri eroi ritornano nei luoghi della felicità perduta. Tutto è cambiato attorno a loro e con amarezza si rendono conto che gli italiani non li riconoscono più, gli albanesi chi lo sa, ma le tedesche sicuramente sì: i tre infatti vengono circondati da un nugolo di pensionate di Dusseldorf, che millantano di aver avuto figli da loro e pretendono un po’ di revival, o al limite un assegno di mantenimento. Non era così che sognavano il ritorno a casa, durante quegli anni così duri in cui cantavano Romagna mia mangiando tagliolini e squartando Vietcong.
Ma se Rimini è cambiata, i tre lo sono anche di più. Jack era il più coraggioso di tutti: si gettava col paracadute dalle mongolfiere perforando le nuvole, pescava squali con le mani e traversava l’Oceano Pacifico in pedalò, senza bussola, bendato e con un bengala nel culo. Ora persino la sua ombra gli fa paura, mentre quella degli altri no, così appena c’è un po’ di sole Jack attacca briga pestando pedate per terra e gridando “fatti sotto, coniglia!”, ma nessun’ombra risponde alle provocazioni.
John invece era il più grande playboy di tutto il Mediterraneo. Era talmente desiderato da dover distribuire i numerini del supermercato e girare con un display digitale in fronte. Aveva un fascino così micidiale che quando schioccava le dita a Gabicce volavano mutandine a Ibiza. La sua bocca era leggenda e negli occhi aveva le braci. Jack glielo diceva sempre: “Fatti meno canne che si vede, poi se non ti metti il collirio tua madre ti becca”, ma John tirava dritto per la sua strada, stracciando il “record di devastazione di matrimonio teutonico” appartenente al mitico Rebecchi Alfio, detto Schopenauer, piadinaro di Riccione che nel dopoguerra vendicò la patria sabotando 132 famiglie tedesche, armato solo di lombi e fascino latino.
Ora Jack odia le donne: dopo essersi fatto mezzo sud est asiatico, un quarto del nord ovest australiano, tutto il Suriname, Padova e tre sorelle in Canadà, si ritrova con quattro divorzi e tre mogli da mantenere, perché per fortuna la quarta è morta e bisognerà pur farsene una ragione.
Il terzo eroe, Mario, era celebre per il suo stomaco d’acciaio. Inutile ricordare ora le sue leggendarie imprese, basta dire che una volta mangiò una cozza pescata a Marina di Ravenna. Cruda. Senza limone. E persino senza caffè e ammazza-caffè. Ora Marione non mangia più: ha l’intestino stiptico, l’esofago disfagico, il fegato cirrotico e la moglie di Chicago, una salutista che lo rimbrotta con voce garrula: “Mario don’t eat the anacards, please!!!”.
“Muori puttana”, ringhia lui eroico. Poi getta con rimpianto l’anacardo.
Ora i tre guardano il mare, tracannano una damigiana di sangiovese e pensano ai casi loro. Non è giusto che sia finita così, non c’è rispetto, non c’è gloria per i reduci di una guerra spietata!
“E poi, da quand’è che i cani cagano in spiaggia, perdio!”, grida Jack pulendosi il piede su una sdraio.
Così, strafatti di vino, decidono di vivere un’ultima giornata di gloria, per mostrare al mondo che il tempo passa, le stagioni muoiono, ma le palle dei romagnoli restano! Occorre fare dell’eroismo subito, perché la situazione sta precipitando: Jack ha litigato con l’ombra di un bagnino e le ha prese, Mario ha scoperto d’essere allergico anche alla mozzarella e John è entrato in depressione dopo aver visto la Merkel in tv. Si è convinto che quella sia l’Angela che si fece a Cervia nel 66 e ha paura che il male che lei sta facendo all’Europa derivi dal fatto che non la trombò a sufficienza.
I nostri eroi partono per l’impresa! Rubano tre pedalò, bevono altre quattro damigiane ed escono in mare in un giorno di burrasca. I loro corpi non hanno più il colore del rame, i capelli non fluiscono più al vento e non c’è alcun sole a scintillare sul loro futuro, ma i cuori sono impavidi, le anime sono intrepide e le panze sono flaccide. La voce si sparge rapidamente e sulla spiaggia, a seguire le gesta dei tre gloriosi reduci, c’è tutta la Romagna che conta: ragionieri di Milano Marittima, commercialisti di Riccione, persino un arbitro di pugilato di Forlì. Ed ecco i tre mulinare le gambe con lo stesso vigore dei vent’anni, ecco i pedalò sfrecciare come razzi sulle onde impetuose, ecco i primi applausi salire al cielo. E’ una rivincita sul tempo, sul destino, sulle beffe della storia. I pedalò volano sul mare, sgretolano dubbi, incertezze, banchi di sardine e la nazionale di nuoto sincronizzato che si sta allenando per le Olimpiadi. Anche i cuori più diffidenti esultano: sulla battigia si fa la ola, si balla la macarena, ci si tocca a vicenda con l’innocenza dei tempi andati. E’ un trionfo!
Ma c’è un imprevisto…
Dalla nebbia che oscura l’orizzonte sbuca un barcone di disperati albanesi di Durazzo, che puntava su Brindisi ma ha virato dopo che uno ha iniziato a gridare: “Rimini! Fellini! Cocoricò! Gnocca!”. Ora, se i nostri stanno riuscendo a dimostrare che per qualcuno il tempo non passa, gli albanesi ci riescono ancora meglio e appena sentono aroma di vitellone romagnolo si mettono all’inseguimento dei pedalò. C’è poco da fare, ci sono delle etnie al mondo che proprio non s’azzeccano. E’ come un’orda barbara che si scatena percuotendo gli elementi: il mare frigge, l’aria rugge, la terra piange e i bambini fanno ‘ohh’. I nostri realizzano la mala parata e scappano verso sud, possono farcela perché hanno forza, hanno l’ardore dell’orgoglio ferito, hanno la frustrazione di tutti quegli anni perduti. Ma quei disperati albanesi hanno qualcosa in più: hanno un motore. Così raggiungono in fretta i nostri eroi, che si rassegnano al destino, ancora una volta beffardo per i figli di Romagna. Si prendono per mano, fissano l’orizzonte con la fierezza dipinta nei volti ancor giovani, e mentre l’osceno battello giunge a speronarli, tirano dentro la pancia e sussurrano il motivo che rende eterne le loro gesta: “Sento la nostalgia d’un passato…ove la mamma mia ho lasciato. Non ti potrò scordar casetta mia…in questa notte stellata la mia serenata la canto per te…”.
Nero.

sabato 24 agosto 2013

I posti che non ho visto



Quante belle vacanze che non ho fatto quest’anno.
E quanti posti meravigliosi che non ho visto.
Non ho visto il Salento, dalle rocce che cascano in mare e dall’acqua fatta di cristallo.
Dai rustici mangiati con un morso e dal sole che biscotta l’anima.
E di sta cazzo di pizzica che non la finiscono mai.
Non ho visto la Sicilia color crema, dei vicoli di Ortigia e dei temporali sopra Scicli. Non ho visto Palermo casino e panelle, Mazara zitta nella notte e Agrigento i templi visti da lassù.
Non ho visto le Alpi fresche e yogurt e marmellata di mirtilli.
Non ho visto la jungla dello Yucatan.
Che sono vent’anni che dico che andrò nello Yucatan e tutte le volte succede che non ci vado nello Yucatan.
Però so che c’è Tikal, laggiù nello Yucatan, c’erano i Maya, ci son le piramidi e le scimmie che urlano sempre.
Non le ho sentite neanche quest’anno, le scimmie che strillano in sto cazzo di Yucatan.
Non ho visto neanche la Spagna.
E chissà se ci suonano ancora il flamenco, in quel bianco d’Andalucia, o se han cambiato musica popolare e ora fanno qualcos’altro.
Tipo la pizzica.
Non ho visto Tokyo, che tanto mica si muove, non ho visto la Russia, il Belize e Panamà.
Non ho visto l’Armenia, che invece ogni tanto si muove, né i monasteri del Monte Athos, le montagne delle Ande e le cascate di Iguazù.
Non ho visto Angkor, che quando ci penso sento l’odore di napalm, la mattina, e non mi sono tuffato tra i coralli della Polinesia.
Quei colorati coralli di Polinesia che sono pieni di pesci e limpidi come i documentari di una volta, quando da bambini sognavamo il mondo e ci tuffavamo nella tv.
Non ho visto la polvere delle strade d’America, la Mustang presa in affitto e il rock’n’roll sulla Route 66.
Non ho ballato con gli aborigeni attorno a un fuoco, che però credo sia una cosa che non usa fare quindi non è onesto rimpiangere le minchiate che mi invento perché non so più cosa dire.
Forse non ballano la pizzica, gli aborigeni che non ballano insieme ai turisti intorno a un fuoco che non c’è.
Non ho visto i leoni della Namibia, ma ho saputo che mio cugino c’è stato e non li ha visti neanche lui, quindi tanto vale stare a casa.
Non ho visto Cuba, che ogni anno ci diciamo che bisogna andare a Cuba perché c’è Fidel che sta schiattando e non puoi andare a Cuba dopo che Fidel è già schiattato.
Di certo gli stiamo allungando la vita, a sto stronzo di Fidel, e poi mi sa che quelli che vanno a Cuba non ci vanno mica per Fidel, ma per qualcos’altro.
Per la musica, chiaro.
Che palle però che pure a Santiago ti frantumano le pelli con la pizzica.
Non ho visto le Piramidi, Petra, il Machu Pichu e Timbuctù.
Neanche il Nepal e Katmandù.
Mi secca un po’ perché quando guardo i documentari sugli scalatori e i ghiacciai e i saracchi mi sento impavido come uno yak, poi mi faccio un the, mi gratto un’ascella, mi aggiusto il plaid e ritorno pavido come un bebè.
Non ho visto la Thailandia, la Malesia e il Perù.
Non ho visto un sacco di posti, quest’estate come tante estati ormai.
Ho visto solo la mia voglia di vedere e la certezza che il mondo è più grande che mai.
Perché sogni di vederlo tutto e non c’è niente da fare.
Per quanto sogni non ci riesci mai.
Un po’ mi tira il culo.
Anzi mi secca proprio sai.
Per tutto il resto però, male che vada, c’è Sky.